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lunedì 26 gennaio 2015

Giasone, gli Argonauti e il Vello d'Oro



Eolo, progenitore della stirpe ellenica, aveva avuto dodici figli. Uno di questi Atamante, re dei Mini nella Boezia, aveva sposato Nefele, dea della nube dalla quale erano nati un figlio, Frisso e una figlia, Elle. Poi, Atamante, aveva sposato una donna mortale, Ino, figlia di Cadmo, fondatore di Tebe. La matrigna non amava i figliastri e cercò di ucciderli provocando una carestia. Il re mandò degli uomini ad interrogare l’oracolo di Delo . Ino corruppe i messaggeri i quali non riferirono il responso dell’oracolo ma le parole della regina e cioè che per far terminare la carestia bisognava sacrificare a Giove (Zeus) Frisso. Il re che amava i suo figli non voleva sacrificare il figlio Frisso ma, i sudditi insorsero, ed egli dovette piegare il capo. Furono fatti i preparativi per il sacrificio ma Nefele, la madre divina di Frisso ed Elle, mandò un ariete dal vello d’oro che poteva correre liberamente sia sulla terra che in cielo. I due fratelli montarono sulla groppa dell’ariete e sparirono all’orizzonte. Frisso raccomandò alla sorella di non guardare giù ma Elle non lo ascoltò e cadde in un tratto di mare che da lei prese il nome di Ellesponto. Frisso, invece, giunse sano e salvo e sacrificò l’ariete a Giove ed il vello lo donò al re Eeta. Il re lo sospese ad una quercia in un bosco sacro a Marte (Ares) e lo affidò alla guardia di un drago. Un altro figlio Eolo, intanto, regnava sulla città di Iolco nella Tessaglia e quando morì gli doveva succedere il figlio Esone ma il fratellastro Pelia lo spodestò ed Esone riuscì a stento a salvare il figlio Giasone che Pelia voleva uccidere. Lo fece credere morto e lo affidò alle cure del Centauro Chirone. Pelia, sempre timoroso, andò a consultare un oracolo che gli disse di stare attento all'uomo con un solo sandalo. Nel frattempo Giasone che era rimasto con il Centauro ed aveva ricevuto da lui insegnamenti di pietà e di virtù, addestrandosi alla caccia ed alle armi, compiuti vent’anni decise di ritornare alla città natale. Giasone andò a reclamare il trono del padre con un solo sandalo, visto che l’altro lo perse aiutando una vecchietta che era Era travestita e che, conoscendo la profezia dell’oracolo, lo benedì. Appena Pelia lo vide, gli disse che avrebbe avuto il trono solo se avesse conquistato il Vello d’oro. Giasone accettò e partì con una nave che chiamò Argo e con una schiera di uomini che presero il nome della nave: Argonauti. Il Vello d’oro era la pelliccia di un ariete che veniva custodito nella città di Colchide. Durante il viaggio vivono svariate avventure: la sosta all'isola di Lemno, dove, tutti loro tranne Eracle, diedero vita ad una nuova specie (Mini) con le donne che abitavano nell'isola , la lotta a Cizico dovuta ad un errore (scambiarono gli Argonauti per dei pirati), la sosta a Misia dove rimasero Eracle e Ila, il primo per salvare l’ultimo, rapito dalle ninfe, l’arrivo alla corte di Tracia, dove Giasone scoprì come arrivare a Colchide, scacciando via le Arpie che Zeus mandava ogni volta a mangiare i pasti del re. L’unico modo per raggiungere l’isola era attraversare le Simplegadi, isole in perenne collisione. Anche questo gli rivelò il re: doveva, in prossimità delle isole, liberare una colomba. Se essa sarebbe riuscita a passare, avrebbero potuto continuare, ma se fosse rimasta stritolata, dovevano dichiarare il fallimento. La colomba passò, perdendo solo qualche piuma, e anche la nave, che riportò solo un piccolo danno alla poppa. Finalmente arrivarono a Colchide. Qui il re Eeta disse a Giasone che avrebbe avuto il Vello d’oro solo se fosse riuscito a superare tre prove. Accorse in suo aiuto Era che parlò con Afrodite, la quale chiese al figlio Eros di far innamorare Medea, la figlia di Etea, di Giasone, sicchè potesse aiutarlo. Nella prima prova, Giasone doveva arare un campo usando due tori dalle unghie di bronzo che spiravano fiamme. Riuscì nell’impresa grazie ad un unguento, donatogli da Medea, che lo protesse dalle fiamme. Nella seconda doveva seminare nel campo dei denti di drago che, germogliando, generavano un’armata di guerrieri. Anche qui corse in suo aiuto Medea che gli disse di lanciare un sasso in mezzo ai guerrieri, i quali, incapaci di capirne la provenienza, si attaccarono tra loro, annientandosi. Nella terza Giasone doveva sconfiggere un drago che faceva da guardia al Vello d’oro. Riuscì a farcela grazie ad una pozione donata sempre da Medea, che fece addormentare il drago. In possesso del Vello d’oro, incominciarono a scappare. Riuscirono a seminare il re che li inseguiva grazie a Medea che fece a brandelli il suo piccolo fratellino, buttandolo in acqua e il re, sconvolto dal dolore, che si fermò e li perse. A Corinto, Giasone si innamorò di Glauce (o Creusa), spezzando la promessa fatta a Medea (cioè di sposarla in cambio del suo aiuto). Medea, infuriata, diede a Glauce, come dono di nozze, un vestito incantato che prese fuoco facendola morire con il padre, accorso in suo aiuto, e i due figli che Medea aveva avuto da Giasone, il quale lo venne a sapere quando lei era già partita. In seguito Giasone, con l’aiuto di Peleo, attaccò Acasto, sconfiggendolo e riconquistando il trono di Iolco. Giasone morì solo e infelice, avendo perso anche i favori di Era con la sua infedeltà: si spense mentre dormiva a poppa della Argo, ucciso da un suo cedimento.














Alessia Mininni e Claudia Caputo





Classe V E

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